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E’ estremamente difficile individuare con certezza in quale periodo nascono i pupi (dal latino Pupus, che significa bambinello) e il luogo da cui parte questa tradizione; le prime e poche testimonianze sono state scritte da Giuseppe Pitrè (fondatore della demologia, la scienza che studia le manifestazioni, le tradizioni, la cultura del popolo).
Alcuni studiosi del 1700 supponevano che l’abilità dei pupari derivasse da quella di alcuni siracusani molto bravi nel costruire e far muovere marionette a tempo di Socrate e Senofonte.
Nel 1700 i pupari con pupi in paggio (non armati) rappresentavano alcune storie siciliane; di tutte queste opere sono arrivati a noi soltanto le farse, che ancor oggi vengono rappresentate. Esse ci ricordano le “Vastasate”, spettacoli portati in scena al “Piano della Marina” dentro un baraccone chiamato “casottu di li vastasi” guidato fra gli altri dal comico Don Peppe Marotta.
Nello stesso periodo a Palermo vi erano molti “Cuntisti”, che affabulavano il pubblico con intrigate vicende di incantesimi, tradimenti, inganni, amore, duelli e battaglie.
La gente seguiva racconto per racconto intere storie e seguiva un personaggio dalla nascita alla morte. Prendendo spunto da queste narrazioni, due pupari, Don Gaetano Greco e Don Liberto Canino decisero di vestire i loro pupi in paggio con delle armature, costruendo guerrieri cristiani e saraceni, sulla base degli affreschi esistenti a Palazzo Reale e allo Steri. Copiarono lo stile delle armi, creando dei modelli e cominciarono a costruire i pezzi delle armature, prima in maniera rudimentale, via via più raffinate e tecnicamente sempre meglio articolate. I visi, perfettamente intagliati, riscattavano qualche manchevolezza della struttura e davano al pupo l’immediato carattere del personaggio, fiero o burlesco che fosse.
Nell’Opera dei Pupi si ha la trasmissione di alti codici di comportamento dalle antiche origini che hanno interessato il popolo siciliano, codici come la cavalleria , il senso dell’onore, la lotta per la giustizia e la fede.
Tra le principali tematiche trattate dall’opera dei pupi occorre ricordare che quella prevalente è la trattazione di soggetti cavallereschi. Le fonti principali per questo tema sono la Chansons de Geste da dove deriva il Ciclo Carolingio che abbraccia un periodo storico che va dalla morte di Pipino il Breve a quella dell’imperatore Carlo Magno.
Il Ciclo di Carlo Magno prevede una particolare suddivisione: “La storia di Ettore e i suoi discendenti”, “I Reali di Francia da Costantino a Carlo Magno”, “Storia dei Paladini di Francia”, “Guido Santo e i discendenti di Carlo Magno”.
L’Opera dei pupi è il teatro tradizionale delle marionette dell’Italia meridionale.
Ne esistono tre diverse tradizioni: quella “palermitana” diffusa nella Sicilia occidentale, quella “catanese”, diffusa nella Sicilia orientale e in Calabria, quella “napoletana”, diffusa in Campania e in Puglia, che differiscono per qualche aspetto della meccanica, della figurazione e per qualche soggetto.
Tipo Palermitano
La lavorazione artigianale di un pupo è rimasta identica a quella applicata dai primi costruttori.
Per la costruzione dei corpi, delle teste e degli animali viene usato il legno di faggio, di noce, di tiglio e di cipresso. L’ossatura viene preparata in nove pezzi che vengono così suddivisi: due piedi, due gambe, due cosce, un busto, mano e pugno o doppie mani.
Questi parti vengono montate tra di loro con il fil di ferro.
L’ossatura viene misurata dal piede sinistro alla spalla, il piede destro viene accorciato di qualche millimetro, accorgimento utile per facilitare il primo passo.
Le misure dell’ossatura variano dai 45 cm per i ragazzi e per gli angeli, ai 62-63 cm per i paggi misti e soldati; si arriva ai 65 cm per i cavalieri ed ai 70 cm per i giganti.
Il braccio viene strutturato con una tela resistente che lascia libertà di movimento; la tela viene fissata alla spalla con dei chiodi e innestata ai polsi con una cordicella.
Al centro del busto, all’altezza del collo, viene infilato un filo di ferro che attraversando due buchi prende la forma di “U” e viene agganciato ad un altro fil di ferro fissato ad un incavo del corpo, precisamente nella parte del collo. Quest’ultimo serve per dare al ferro di testa la possibilità di agganciarsi e di sorreggere il peso del pupo.
I metalli utilizzati per le armature sono alpacca o ottone con arabeschi in rame.
L’unico personaggio che da tutti i pupari viene realizzato per metà in rame e per metà in ottone o alpacca è Brandimarte.
Ogni costruttore ha creato i suoi modelli che poi man mano ha perfezionato; su una lastra di metallo di mm 5 si segnano tutti i pezzi e si ritagliano.
La lavorazione avviene nel seguente modo: ogni pezzo viene spianato e poi modellato con dei martelli a palla; lo scudo, le ginocchiere, i bracciali, l’elmo e i tappi degli spallacci vengono lavorati su tronchi di legno già sagomati; tutti i pezzi vengono ripiegati lungo tutto il bordo con la “penna di martello” necessaria per gli ornamenti. Infine si passa alla saldatura che unisce i vari pezzi su cui si applicano gli arabeschi.
Su ogni armatura vengono fissate le insegne, che per tradizione identificano i personaggi.
L’ultimo lavoro e la lucidatura e poi il montaggio.
Si preparano due bacchette di ferro di 7,5 mm di diametro e della lunghezza di 75 cm; la prima bacchetta regge il peso del pupo e alla sua estremità, alla distanza di 10 cm, viene inserito un manico di legno, che dà la possibilità al puparo di poter controllare tutti i movimenti del corpo.
L’estremità della bacchetta viene poi piegata a forma di mezzaluna perché il pupo possa essere appeso sia in scena che fuori; l’altra bacchetta va ad agganciarsi nel polso destro e dà il movimento durante l’azione.
Una cordicella, legata alla mano sinistra per mezzo di un foro tra l’indice e il medio, serve a far muovere la mano durante i dialoghi e ad alzare lo scudo per parare i colpi durante le battaglie.
Una seconda cordicella, legata all’impugnatura della spada, passa attraverso il buco del pugno destro e va ad essere legata nel ferro che dà i movimenti al polso; una terza, fissata alla coscia sinistra, dà la possibilità al pupo di inginocchiarsi, di montare a cavallo, di mostrare con il tremito del piede l’impazienza o la rabbia; un’ultima cordicella viene legata al ferro di sostegno e alla visiera che in tal modo si può abbassare o alzare. Tutte le cordicelle vengono tinte con anilina nera.
Si prepara il vestito per i paggi : per i paladini si usa una “faroncina”, mentre per i saraceni un paio di pantaloni alla zuava con colori sgargianti. Le spade o le scimitarre vengono preparate in lamiera di acciaio, mentre l’impugnatura e l’emblema che va al cimiero viene ricavata dalla fusione dei ritagli di metallo. Un pupo armato pesa dai sette ai dieci chilogrammi.
Tipo Catanese
Il pupo catanese è alto da 110 cm a 140 cm, pesa circa 30 Kg e ha le gambe rigide, motivo per cui non può inginocchiarsi. Non può estrarre e riporre la spada nel fodero: la spada è permanentemente fissata alla mano destra, anche quando abbraccia una dama.
La visiera dell’elmo non può essere chiusa. Le armature sono di metallo; le insegne sono direttamente sbalzate nell’armatura. La manovra del pupo avviene dall’alto, chi muove il pupo, quindi si trova disposto su un piano rialzato(ponte) dietro la scena; i manovratori da sopra stanno appoggiati con le braccia su un barrone, che i pupari chiamano “scannappoggio”.
Gli aiutanti che stanno all’interno, sganciano dai loro posti i pupi e li porgono ai manianti, che avuti i personaggi fanno fare loro il primo passo all’indietro e li fanno entrare in scena .
Il pupo può longitudinalmente attraversare tutto lo spazio scenico, dato che il manovratore cammina parallelamente dietro di esso e dietro il fondale; non può spostarsi verso il proscenio più della lunghezza delle sue braccia.
Il puparo recitante che dà la voce a tutti i pupi , sta tra la prospettiva e la quinta in modo da potere seguire direttamente i movimenti e quindi dar loro carattere.
La voce dei personaggi femminili viene data da una recitante. Ogni manovratore può muovere un solo pupo alla volta, per questo sul ponte ci sono minimo quattro manovratori-combattenti e due manianti tra le quinte.
Il boccascena dove avviene l’azione è largo 4 m circa e profondo 2,50 m; una prospettiva di 8 m copre tutta la struttura anteriore il boccascena, compresi i laterali. A 2 m di profondità ci sono due quinte tra le quali vengono abbassati i fondali; dietro la scena vi è collocato un ponte alto 1 m dal palcoscenico.